settembre 25, 2007

7.12 - Contro il vento e la sfortuna

Il vento d'ira prese forma e avanzò minaccioso verso suoi avversari mortali. Il suo corpo si disgregava e riprendeva forma continuamente, come se il vento de egli stesso evocato si divertisse a lacerare ricomporne il profilo. "Non mi aspettavo che sareste riusciti a sconfiggere i guardiani della forgia... ma non uscirete vivi da questa stanza!"

Gordianus, Kimar e Ivan si lanciarono immediatamente contro il nonmorto. Il suo corpo immateriale rendeva davvero difficile ferirlo. Ricevuti i primi colpi, la creatura spalancò le braccia come a voler abbracciare l'intera sala, ed un ciclone di venti turbinante si allargò roteando furiosamente dal suo corpo, staccando stucchi dalle pareti, piastre di marmo dai pavimenti, borchie dalle statue, detriti e sassi dai soffitti... Gordianus e Ivan furono sollevati in aria ed iniziarono a girare vorticosamente in cerchio, colpiti da ogni massa solida che era stata portata in alto dal vento. Poi il vento d'ira liberò le anime che rinchiudeva in se stesso: un guerriero armato di scimitarra scivolò in aria fino a Gordianus colpendolo con la sua scimitarra, poi un cavaliere che impugnava una lancia di luce, una guerriera armata di lancia corta, un colosso in armatura che vibrava colpi con una spada bastarda, un'arciere con il suo arco letale, un avventuriero armato di fionda magica e così via... ognuna delle anime sferrò i suoi attacchi letali e poi scomparve.
Kimar, che ancora beneficiava degli effetti dell'incantesimo libertà di movimento, non era affetto dalle raffiche di vento e quindi si muoveva veloce nella stanza volando. Colpì ancora il vento d'ira mentre Lucian si avvicinava e abbatteva su di lui tutti i suoi colpi di spada. Krison lanciò incantesimi volare e libertà di movimento sui compagni per liberarli dal tornado. Il vento d'ira rispose concentrando gli attacchi su di lui ma le immagini speculari di Krison lo protessero quel tanto che bastava a tenerlo in vita. Il nonmorto si infuriò, intensificò le raffiche di vento e sradicò colonne, intonaci e statue intere. Gli avventurieri furono travolti dalle pietre, scagliati contro le pareti, sferzati da colpi di armi taglienti che la creatura aveva rilasciato nelle spire di aria turbinante. Ivan lo raggiunse focalizzando il combattimento sul danno, e il vento d'ira si sollevò in aria, volteggiando a dodici metri d'altezza al centro del tornado che aveva generato. Le sue emanazioni raggiungevano senza problemi anche gli avventurieri che il vento trasportava via. Lucian si sollevò in volo e lo raggiunse, Ivan sfruttò il volare di Krison e fece lo stesso. Gordianus si liberò dalle spire di vento e si gettò sull'avversario con Stigma di Adamantio sguainanta, Kimar piantò i suoi artigli nel corpo inconsistente del nemico.

D'improvviso ogni vento cessò, il nonmorto ritirò in sé ogni brezza e scomparve. Krison riuscì a percepirne la presenza grazie alla magia, e notò l'ombra della creatura che si dirigeva volando velocissima nella stanza della forgia. "Non è il caso di inseguirla, - suggerì Lucian - usciamo di qui e facciamo crollare la caverna!"
Si diressero fuori sfrecciando nel cunicolo che conduceva all'accesso secondario, poi Lucian si sollevò in volo e calcolò il punto migliore da colpire con l'incantesimo terremoto per far sì che l'intera struttura collassasse su se stessa. Kimar estrasse la pergamena che aveva ricevuto da Viglis e diede un'occhiata ai simboli magici... molti erano per lui incomprensibili, ma avrebbe tentato lo stesso di recitare la formula. Stese le braccia e pronunciò le parole magiche. La pergamena si disintegrò emanando un bagliore e rilasciando una nuovola di fumo sulfureo... nient'altro!
"Aspettate! - Disse Ivan - Sarebbe possibile ottenere una nuova pergamena utilizzando uno dei desideri di Bastet?" Krison rispose pronto: "Con desiderio è possibile riavvolgere piccoli segmenti di spaziotempo e far sì che eventi recenti accadano nuovamente, per migliorarli..."
Ivan convinse lo scudo magico. Una delle gemme di Bastet si frantumò liberando il potere dell'incantesimo desiderio. Il tempo sembrò fermarsi, poi in un attimo Kimar si trovò nuovamente a leggere la formula magica scritta sulla pergamena... diede un'occhiata ai simboli magici... molti erano per lui incomprensibili, ma avrebbe tentato lo stesso di recitare la formula. Stese le braccia e pronunciò le parole magiche. La pergamena si disintegrò emanando un bagliore e rilasciando una nuovola di fumo sulfureo... nient'altro!
"Non ha funzionato..." Commentò Krison. Kimar strinse i denti per la rabbia.
"Se lasciamo libera la forgia, chissà quali catastrofi sarà in grado di creare!" Disse Ivan.
"Per non parlare del vento d'ira..." Aggiunse Gordianus.
"Dobbiamo tornare alla basilica di Sinth e ottenere una nuova pergamena di terremoto... al più presto." Concluse Lucian. Si misero immediatamente in marcia. Wallace era a due ore di marcia.

settembre 21, 2007

7.11 - Sei voci, sei golem

"Io sono Sir Lukmir Kridenor, - La voce della spada a due lame rimbombò nella stanza. Era in grado di parlare. - Chi sei tu, che rivendichi Stigma di Adamantio?"
I golem delle forge sollerono le proprie braccia e si spostarono fuori dalla loro alcova con un passo potente quasi simultameo. Le fiamme nel loro corpo vamparono alimentate nuovamente da scintille di vita soprannaturale. Gordianus si voltò con la spada in mano, tentando di spiegare la situazione al suo nuovo alleato. Sir Lukmir non sembrò convincersi del tutto, ma lo scontro era ormai imminente. "Ho paura che la mia lama non ti sarà del tutto utile contro questi avversari, ma non abbiamo tempo di pensarci." Disse la spada a due lame.

I sei golem attaccarono abbattendo colpi di metallo incandescente sugli intrusi e soffiando getti di vapore bollente, ma gli avventurieri si erano già protetti efficacemente grazie alle magie di Krison. Sconfissero un costrutto dopo l'altro, colpo dopo colpo, spaccandone il corpo ferroso a colpi di spada, finché anche l'ultimo guardiano fiammeggiante non crollò a terra. La forgia, che rombava furente nella stanza oltre quella dei tesori, emise un'esplosione di calore angosciosa quando si rese conto che tutte le sue sentinelle erano state distrutte.
Il gruppo recuperò anche il resto degli oggetti magici. Krison afferrò Raske, il bastone dell'arcimago che si gettò nella forgia per divenire immortale. "Portami fuori di qui" sibilò Raske. Kimar si avvolse del mantello di Lord Atharas, che si presentò in gran maniera. Ivan raccolse lo scudo chiamato Bastet, un cerchio di legno massiccio borchiato con metalli magici. Bastet restò in silenzio, ma quando Ivan tentò di percepirne la presenza una voce femmilile lo esortò a rimandare i convenevoli. Infine, Lucian strinse nel pugno Genésis, una pistola a tamburo che pulsava di potere sin dai singoli proiettili. "Dov'é Elnor? - gemette la pistola - Dobbiamo ritrovarlo... Troppo tempo sono rimasta prigioniera di questo luogo... Aiutami." Lucian annuì.

"Guardate!" Indicò Krison. Nella stanza della cupola, dove erano imprigionati i titani, un vento turbinante aveva iniziato a spirare con forza inaudita. Sollevava detriti e sassi, scavando nelle pareti, staccando intonaco e pezzi di marmo dal pavimento. L'ululato del vento era potente e costante. Il nonmorto stava aspettando.

settembre 20, 2007

7.10 - Ghostwall

La porta oltre la sfera degli avvertimenti era davvero protetta con dei sigilli. Dei simboli magici individuabili con individuazione del magico in grado di causare dolori atroci sugli incauti che avessero oltrepassato quella soglia. Gordianus non era in grado di disattivare quelle magie di protezione, quindi smontarono le assi che sbarravano l'apertura e aprirono il portone. Uno dopo l'altro, tutti attraversarono il passaggio. I sigilli si attivarono, ma si scoprì ben presto che erano calibrati per colpire forme di vita ben più deboli degli esponenti del gruppo.

La stanza che si apriva davanti a loro era di dimensioni inferiori a quelle precedenti, quadrata, e lungo le pareti laterali erano disposti sei minacciosi golem, tre lungo ognuno dei due muri. Le sentinelle metalliche erano altre quasi tre metri e la gabbia toracica di ognuno sembrava essere colma di materiale incandescente. Da ogni giuntura del loro corpo uscivano fumi e sbuffi di vapore, mentre il metallo attorno al ventre era chiaramente incandescente. Le fornaci nel corpo dei golem erano l'unica fonte di luce nella stanza, e tutto appariva tinto di un rosso cupo e dalle sfumature incerte.
"Sono golem delle forgie" lì informò Ivan. Avevano già incontrato uno di questi colossi. A Palaniuk, molto tempo fa. Un golem di questi stritolò tra le dita uno dei loro compagni prima che riuscissero ad abbatterlo. Da allora ne avevano fatta di strada. Ma erano comunque sei.
Davanti ad ogni golem c'era un piccolo altare di pietra. Su ogni altare di pietra, sospeso in aria dalla magia, ruotava lentamente un oggetto magico. Ma non comuni oggetti magici... artefatti. Artefatti di splendida fattura, oggetti magici meravigliosi che sicuramente possedevano un potere immenso... le rifiniture, le incisioni, il modo in cui il metallo era stato piegato... era tutto incredibilmente ben fatto, addirittura perfetto. La forgia aveva creato tutti questi oggetti... La Forgia di Ghostwall. Nutrendosi delle anime di chi si era sacrificato nella sua fornace.
"Non sono altari... - fece notare Lucian - ...Sono lapidi. Ci sono delle scritte su ogni piedistallo di pietra." Si avvicinarono tutti al primo, la scritta era incisa in Wallace. "Qui giace Sir Lukmir Kridenor" lessero. Sopra l'altare di pietra si librava una spada a due lame di metallo lucente, con elsa centrale in avorio e decori dorati di grande bellezza.
"Deve esserci anche Raske, l'arcimago di cui ci ha parlato Granak!" Intuì Lucian.
Lo trovarono infatti, l'altare di Raske esponeva un bastone magico di radica scura, abbellito con intrusioni di rame e coronato da alcuni cristalli sferici tagliati a goccia.
"Non possiamo sepperllire questi oggetti assieme alla forgia." Esclamò Ivan.
"Prendiamoli allora." Suggerì Krison. Ma era chiaro che la forgia non avrebbe permesso di essere derubata di così grandi valori senza reagire. Un campo di stasi sembrava avvolgere sia gli oggetti magici che i golem, ed era probabile che tentare di rubare un oggetto avrebbe attivato almeno uno dei guardiani. Nella peggiore delle ipotesi: tutti.
Gordianus si concentrò, nel tentativo di percepire la presenza di malvagità negli oggetti. Ne trovò una enorme quantità, ma non negli oggetti. L'unico dei sei oggetti magici che sentì essere malvagio erano un paio di guanti, Zerath c'era scritto sull'altare corrispondente. Ma fu distratto da altro: l'intera stanza sembrava avvolta in una foschia invisibile colma di odio e di rancore. "Deve essere la presenza a cui si riferiva Granak... è ancora qui."
"Afferrà Sir Lukmir, Gordianus." Suggerì Krison. "Qualsiasi cosa accada, non possiamo lasciare questi oggetti qui."
Gordianus si fece avanti e strinse l'elsa della spada doppia. Quasi simultaneamente un concentrato della malvagità che il mezzodrago aveva percepito prese forma davanti all'ingresso della sala. Una figura fumosa, vestita di abiti logori e lacerati, le cui forme evanescenti sembravano sostenute da una brezza innaturale mentre il volto cambiava lineamenti ogni secondo. Parlò con voce tonante, come se decine di anime stessero sussurrando attraverso le stesse labbra: "Abbandona il tuo intento, mortale! Noi siamo il vento d'ira che infesta queste sale. I nostri corpi straziati dalla fornace non sono rinati come artefatti, e l'incompiutezza delle nostre esistenze si è infine aggrappata a queste mura. Noi non vi lasceremo portare via i nostri tesori. Noi non avremo pietà di chi vuole portare via i nostri prigionieri."
Poi si dissolse. La sua presenza, ovviamente, era ancora nella sala.
Gli avventurieri si preparanono al peggio, armi sfoderate e incantesimi attivi. Gordianus afferrò Sir Lukmir, ed immediatamente tutti e sei i golem iniziarono a muoversi verso di loro.

settembre 17, 2007

7.09 - La forgia vivente

Si trattava di una sfera di cristallo, programmata per ripetere in eterno una immagine illusoria. Non appena Gordianus si avvicinò, la sfera si illuminò, ed apparve sopra di essa la figura evanescente di un sacerdote di Sinth, anziano, dalla lunga barba e con vesti che non si portavano più da almeno un secolo.
"Questa è la Forgia di Ghostwall. - Disse, con voce rauca e palesemente magica - Questo luogo è stato dichiarato sacrilego dalla Sacra Chiesa di Sinth. La Chiesa di Sinth ha posto dei sigilli. Nessuno che sia fedele ai dettami della Chiesa dovrà oltrepassarli. Abbandonate questo luogo. Vi dimora un male immortale ed immorale."
Gordianus esaminò i sigilli. Sembravano vecchi chiavistelli di ferro e assi di legno inchiodate al muro, niente di eccezionale. Ma decisero che prima di tornare sarebbe stato meglio riportare Eritz Burbank dalla sua signora.

La signora Burbank fu felicissima di rivedere suo marito sano e salvo. Era chiaro che né lui né i suoi sprovveduti (quanto fuori esercizio) compagni di avventura avrebbero mai tentato una nuova missione. Non a breve. Ricompensò il gruppo con un gemma zaffiro di grandissimo valore, uno dei tesori del marito quando era un abile avventuriero.
Usciti da casa di Krista e Eritz si diressero verso la basilica di Sinth, nella piazza della riunione. La basilica era un tempio di imponenza monumentale, con colonne ciclopiche che si innalzavano bianche e lucide come torri sorreggendo volte affrescate di incredibile bellezza. Una delle custodi del culto, la diacona Viglis, ascoltò il loro rapporto riguardo la forgia e li invitò a seguirla presso la torre della biblioteca. Su alcuni vecchi tomi scoprirono molti dettagli riguardo la forgia. Quel luogo avrebbe dovuto essere inerte e dormiente, ed i titani avrebbero dovuto sorvegliarlo per conto della chiesa. Viglis consigliò loro di chiedere a Granak, un mezzorco chierico che, secondo le note del libro, fu l'ultimo a ispezionare la forgia sessant'anni fa.

Granak era ancora vivo. Lo trovarono a spaccare legna, nonostante la veneranda età, e servito da una servitù molto ben educata. Invitò tutti a cena, e raccontò loro di Raske l'arcimago, una delle anime intrappolate nella forgia. "Quella forgia è un artefatto maledetto... Si nutre di anime per creare potentissimi artefatti... ma l'ultima volta che scesi lì sotto, c'era ben più che una fucina magica... le anime di tutte le persone bruciate nel magma si erano come aggrappate al luogo della loro morte, alle mura, alle colonne... una terribile presenza risiede laggiù!"
Secondo Granak l'unica soluzione era far crollare la montagna sulla forgia, seppellirla per sempre. Se la forgia si era rianimata, poteva significare solo una cosa: il ritorno di Hyssiris a Wallace. "Noi abbiamo affrontato un suo servitore..." Ricordò Lucian, riferendosi a Lobas. Granak aveva visto bene. Un emissario di Hyssiris era rinato in città. La forgia lo aveva percepito, e si era riattivata.
"Tornate da Viglis, fatevi dare una pergamena di terremoto. E un potente incantesimo. Scendete laggiù e distruggete ogni cosa, così che nessuno mai possa far più uso della forgia."

Viglis diede loro anche delle pergamene di teletrasporto, per poter fuggire e non restare sepolti lì sotto. Ottenuta l'autorizzazione a distruggere quella caverna, gli avventurieri si diressero di nuovo verso l'ingresso della forgia.

settembre 16, 2007

7.08 - In soccorso e in pericolo

Nonostante Keremish fosse in mano ad oscure forze extraplanari, gli avventurieri decisero di cercare avventura altrove. Probabilmente la notizia che l'esercito di Wallace sarebbe giunto ad assediare la loro città solo fra un mese li aveva rasserenati. O forse pensavano di avere un mese di tempo per recuperare qualche articolo di equipaggiamento magico. La leggerezza si sa, alberga volentieri nel cuore degli avventurieri. In ogni caso, giunti a Wallace, la capitale del regno, la famosa "Città di Sinth", si misero immediatamente alla ricerca di un lavoretto per avventurieri esperti. L'offerta non era molto vasta: la gran maggioranza delle richieste erano per lavori troppo semplici, che rendevano poco e potevano essere risolti anche da mercenari di bassa lega. Ben poche persone hanno bisogno di uccidere un drago, e se anche ne avessero bisogno, ben poche persone possono permetterselo. Comunque, nessuno di loro aveva voglia di perdere tempo sterminando coboldi. Dopo un'accurata selezione, si rivolsero ad una donna, Krisia*, moglie di un avventuriero che sembava scomparso durante l'esplorazione di un labirinto sotterraneo nei pressi della città.

Krisia si fece entrare in casa, una villa di piccole dimensioni nel quartiere del municipio. Offrì loro qualcosa da bere e raccontò di suo marito, un bardo di nome Eritz* che una volta era stato un grande avventuriero. Alcuni suoi amici di vecchia data lo avevano convinto ad imbracciare di nuovo le armi e seguirli nell'esplorazione di alcune vecchie rovine sotterranee dalle quali era possibile tirar fuori una gran quantità di tesori. Gli amici avevano chiamato quel posto "il grande ossario", e l'ingresso si trovava a nordest di Wallace, nascosto all'ombra di una collina. Krisia aveva atteso una settimana, poi c'era stato un crollo causato da un piccolo terremoto nella zona, e allora si era convinta a chiedere aiuto: vuole che gli avventurieri recuperino Eritz e lo riportino a casa. Lei e suo marito sono abbastanza ricchi da pagarli il giusto, e comunque se Eritz non è tornato, significa che quel posto non è da principianti del mestiere.

Il gruppo partì appena pronto. L'ingresso sembrava circondato da transenne e staccionate aggredite da piante rampicanti, sterpaglie e rovi. Entrarono e si resero immediatamente conto che doveva trattarsi di un cunicolo secondario di uscita, non dell'ingresso principale. Il crollo non sembrava averlo coinvolto, ma poteva aver chiuso l'ingresso principale, forse proprio mentre Eritz ed i suoi compagni stavano tentando di uscire da lì.
ZING! Gordianus inciampò su un cavo metallico sottile e teso. Una serie di meccanismi si mise in moto ed un tronco rotolò giù dall'alto del corridoio travolgendoli tutti. I più agili riuscirono ad evitarlo, gli latri si rialzarono doloranti.
"Niente trappole, eh?" Domandò Lucian.
Gordianus fece spallucce. La sua capacità di individuarle non era granché.
Per questo, dopo quella, ne calpestarono diverse altre. Una trappola esplosiva, una folgorante, una parete che li schiacciò contro il muro spezzando loro le ossa. Sopravvissero grazie alle magie curative di Kimar e alle pozioni magiche, ma il tragitto li stava mettendo a dura prova.
Poi, in fondo ad una scalinata, sentirono una voce chiamarli: "Ehiiii! C'è nessuno? Abbiamo bisogno di aiuto! Ci sono dei feriti, vi prego aiutateci!"
Si trattava di Eritz. I suoi compagni erano gravemente feriti e lui era esausto, non riusciva più a lenire magicamente le loro ferite. "Abbiamo tentato di uscire dall'ingresso principale, ma non ci siamo riusciti. Appena abbiamo spostato qualche roccia, il condotto è collassato su di noi. I miei due compagni sono stati travolti dalle pietre, ho impiegato tutto il giorno a dissotterrarli, quindi li ho trascinati qui..."
"Tranquillo Eritz, ci manda tua moglie." Gli disse Lucian.
Curarono i feriti quel tanto che bastava a stabilizzare le loro ferite, poi rivolsero la loro attenzione alla stanza che si apriva poco oltre. "Abbiamo visto cosa c'era più avanti... e ci siamo accordati sul fatto che qualunque tesoro ci fosse stato lì dentro, non avremmo rischiato la vita!" Aggiunse il bardo mentre il gruppo andava a controllare di persona.

Una stanza ampissima e di forma vagamente circolare si apriva oltre un arco di pietra. Colonnati possenti ne sorreggevano la porta. Il pavimento era ben lastricato, le volte stuccate. Sembrava l'ingresso ad un qualche luogo di culto, anche se non era chiaro di cosa si trattasse. In fondo alla stanza c'era una porta di legno, rinforzata con borchie metalliche arruginite. Ma ai lati della porta, la visione avrebbe scoraggiato chiunque a proseguire. Due enormi titani, giganti di fattezza umana e di grandissimo potere, erano incantenati in piedi al muro. Uno ad ogni lato della porta. Le loro teste toccavano il soffitto, i loro capelli erano lunghi, le loro barbe trascurate. Sembravano essere lì incantenati da anni. Eppure erano vivi: respiravano lentamente, gli occhi spenti e socchiusi, la testa china. Per braccia e caviglie erano ancorati alla parete, come crocefissi in piedi, storditi da una qualche forza magica.
"Sono titani!" Li riconobbe Krison. Esseri extraplanari, ma di indole benevola e altruista.
Il mago si avvicinò alla porta di legno, mentre la tensione per ciò che sarebbe successo saliva sempre di più. Spinse la porta, che si aprì cigolando. Nel mezzo della sala successiva, brillava un oggetto magico.

settembre 12, 2007

7.07 - Il rispettabile signor Kalifar

"La tua coscienza è macchiata, Gordianus! Ombre nere si agitano nella tua anima, più volte hai ceduto all'ira e molti innocenti sono caduti sotto la tua lama..." La Gran Sacerdotessa di Wallace aveva percepito che nel cuore del mezzodrago c'era superficialità, e gli aveva consigliato di rivolgersi alla chiesa per una espiazione.

La lama di Gordianus si abbatté sulle guardie personali di Edgar abbattendole senza rimorsi. Mercenari, non erano altro, pagati per fare il loro lavoro. Ivan e gli altri fecero lo stesso, liberandosi di quei soldati in pochi colpi di arma. A quanto pareva Teg Maine e il vampiro si stavano confrontando a bordo della chiatta levitante mentre la nave prendeva quota. Quando gli avventurieri si furono liberati di tutti i soldati, si accorsero che un altro disco levitante stava salendo... probabilmente anche la milizia dell'aerodromo stava accorrendo. Kimar era già volato all'altezza della chiatta e stava assistendo allo scontro tra Edgar e Teg. Il ladro colpì con forza il vampiro spingendolo fuori dal veivolo. Edgar precipitò sulla piattaforma di attracco rotolando per diversi metri. Ancora stordito per il colpo, si rese conto di essere circondato dagli avventurieri e dalle guardie aeroportuali appena giunte.
"Deponete le armi! Avete violato i confini di un'area riservata!" Gridò il capo della pattuglia, mentre le altre guardie avanzavano con le alabarde in pugno. Ma Edgar spalancò le ali e irradiò l'area con una potente emanazione soprannaturale di terrore. I soldati si allontanarono terrorizzati, mentre Edgar lentamente riguadagnava le forze nutrendosi della paura delle sue vittime. Gordianus però era immune alla paura. Prima che Edgar rigenerasse completamente le sue ferite, scattò in avanti colpendolo con poderosi fendenti di spada. Ivan non aspettava che un segnale del genere: si mosse rapidamente abbattendo la sua lama contro il vampiro finché non lo vide rotolare a terra privo di vita.
Il corpo di Edgar mutò in una nuvola di vapore rosso che spiraleggiò in alto e poi si allontanò nel cielo notturno. "La seguo!" Disse Kimar, spalancando le ali e lanciandosi in volo dietro il vapore.
Nel frattempo il vascello con a bordo Teg Maine si allontanava nel buio.

Le guardie, ripresesi dall'effetto della paura, raccolsero le armi e si strinsero in cerchio attorno agli avventurieri. Condussero gli avventurieri presso la caserma aeroportuale e li interrogarono per oltre due ore. A quanto pareva, Edgar Kalifar era un onorato e conosciuto cittadino di Fluvia. Secondo il capitano Edgar aveva offerto aiuto ai soldati dell'aerodromo nel tentativo di catturare Teg Maine, un pericoloso assassino. A nulla servì raccontare che Edgar era un vampiro, né che a Keremish era uno degli ufficiali del teschio cremisi. "Quello che Edgar fa al di fuori di Fluvia non ci interessa, questa è una città stato indipendente e nel nostro territorio il signor Kalifar è considerato un benefattore e un filantropo. Voi invece avete ostacolato le operazioni di cattura di un pericoloso assassino e siete stati visti mentre attentavate alla sua vita!"
"Ma Edgar Kalifar è un vampiro!" Replicò Lucian.
"Lo sappiamo! Ma non ha mai fatto del male a nessuno, qui. E questo non vi dà il diritto di attaccarlo senza motivo. Se anche voi stesse ricercando Edgar per crimini commessi altrove, siete solo avventurieri e non avete alcuna autorità."
Il capitano delle guardie rilasciò il gruppo solo quando si rese conto che erano stati i soldati di Edgar ad attaccare per primi, ma era chiaro che non vedeva l'ora di trovare una scusa per sbatterli in cella per sempre. Intanto, tolse loro i documenti temporanei.

Kimar raggiunse il resto del gruppo appena fuori dalla caserma dell'aerodromo. Aveva seguito la nebbia fino ad una lussuosa villa presso il confine nord della città. Villa Kalifar.
Privati del permesso di soggiorno però, furono costretti ad abbandonare la città.

settembre 10, 2007

7.06 - Tensione all'aerodromo di Fluvia

Nei giorni seguenti gli avventurieri si distinsero come gli eroi che salvarono Colle Ukron dal terribile attacco del drago bianco. Ottennero una medaglia e la riconoscenza ufficiale del borgomastro. Inoltre, riportarono ai ranger il pugnale sacro che la chiesa di Sinth aveva chiesto loro di recuperare, incassando la lauta ricompensa. Viaggiarono per gran parte del continente tentando di raccogliere informazioni su poteri o oggetti magici che avrebbero potuto aiutarli, ma si resero presto conto che il tempo scorreva inesorabile e che certe cose richiedono mesi di ricerca.

Tornati a Fluvia, si ritrovarono senza nessun buon motivo per ottenere udienza presso Monsignor Diovidis o presso l'ambasciatrice Rassinel. Presero un veliero per Wallace, la capitale, e conferirono direttamente con le tre Gran Sacerdotesse a capo della chiesa della capitale. L'esercito di Wallace, circa diecimila soldati, aveva lasciato le mura di Wallace da una settimana. Fra loro, c'erano anche duecento combattenti sacri, che la chiesa aveva offerto in segno di collaborazione. Il concilio superiore di amministrazione della capitale sperava che le forze di liberazione giungessero a Keremish in quattro settimane di marcia forzata, quindi che la stringessero in assedio fino alla resa. Kalfyra avrebbe infine abdicato e consegnato i poteri al regno di Wallace al quale appartenevano. Non c'era nulla che gli avventurieri avrebbero potuto fare per aiutare l'esercito, se non ovviamente allearsi con le forze di Wallace. La chiesa di Sinth, dopo averli ascoltati, li congedò, consigliando loro di recuperare Armadale... e di farlo con metodi che non richiedevano l'autorizzazione della chiesa, né per i quali sarebbe stata opportuno chiederla.

Di nuovo a Fluvia, affittarono una stanza in una delle locande più prestigiose. Ma non ebbero il tempo di prendere sonno, perché nel silenzio della notte un'esplosione li destò dal sonno. Ivan si affacciò alla finestra della locanda e notò un bagliore rosso cupo che illuminava la zona del porto. Svegliati gli altri, si prepararono in tutta fretta e scesero immediatamente in città per rendersi conto di cosa era accaduto. L'aerodromo era già stato circondato dalle forze dell'ordine. Le guardie aeroportuali impedivano ai civili di accedere, e la folla si accalcava curiosa al limitare dell'area sorvegliata. A quanto pareva, uno dei velieri lybran più grandi si era schiantato contro la pista di atterraggio dei carghi a propulsione elementale. La nave era avvolta nelle fiamme mentre i soldati del porto trascinavano via i corpi carbonizzati dal relitto e cercavano di aprirsi dei varchi nelle fiamme al fine di raggiungere i passeggeri ancora in vita. Lucian riuscì a sgattaiolare oltre le barricate, ma non sembrava ci fosse più molto da fare.
Stagliato come una figura nera contro la luce delle fiamme, gli avventurieri riconobbero Edgar Kalifar. Il vampiro era furioso e stava sbraitando contro uno dei soldati dell'aerodromo. "Non mi interessano le vostre scuse, voglio quel corpo!" Poi arrivarono altri soldati della sua guardia personale, che gli riferirono delle notizie. "Presto, da questa parte!" Ordinò, e salì su una piattaforma levitante assieme ad una decina dei suoi uomini. "Seguiamolo!" Suggerì Ivan.

Presero un'altra piattaforma, al di fuori della zona circondata, che conduceva alla sommità della stessa torre di attracco. La piattaforma levitante presa da Edgar arrivò in cima prima della loro. Quando raggiunsero la piattaforma di attracco anche loro, gli avventurieri notarono immediatamente una chiatta fluttuante carica di minerali che era in procinto di partire. Edgar ed i suoi soldati si erano schierati di fronte alla nave. "Teg Maine! Sappiamo che sei lì! Con il trucco del sosia potrai ingannare le guardie di questa città, ma non me!" Gridò il vampiro. Dalla cabina della chiatta uscì il ladro. Estrasse i pugnali dalle braccia ad invitò Edgar allo scontro. Il vampiro spalancò enormi ali scarlatte da pipistrello si sollevò in aria.
"Ehi! Fermi dove siete!" Gridò una delle guardie di Edgar notando gli avventurieri. Sfoderò la spada e comandò di far fuori il prima possibile quegli scomodi testimoni oculari.

settembre 09, 2007

7.05 - Gran serata da Monsignor Diovidis

In cima ad uno degli edifici più alti di Fluvia, al centro di un vasto giardino sospeso illuminato da luci magiche e attraversato da deliziosi vialetti di pietra, sorgeva la villa di Monsignor Diovidis. Diovidis era stato in passato un illustre esponente della Chiesa di Sinth, ma in seguito ad alcuni dissapori con l'amministrazione centrale aveva deciso di ritirarsi a vita privata e di dedicarsi al commercio. Come importatore e venditore di oggetti esotici aveva avuto immediatamente una grande fortuna, ed era riuscito in una decina di anni a scalare la classifica degli uomini più ricchi di Fluvia, assicurandosi nel contempo un gran prestigio in città. Grazie alle sue generosissime donazioni al santuario cittadino, la chiesa di Sinth, seppur con un unico modesto santuario, era riuscita ad essere presente presso la città dei fiumi. In questo modo Monsignor Diovidis era riuscito anche a riallacciare i rapporti con la Chiesa, ed attualmente non c'era cittadino di Fluvia che non lo considerasse una grande persona.

Lucian, Ivan, Krison, Gordianus, Akramil e Kimar scesero dai dischi levitanti che li avevano portati fino a cento metri di altezza sulla città e si diressero verso i cancelli della villa godendo nel contempo della vista notturna mozzafiato tutta intorno a loro. Grazie ai permessi che Lady Rassinel aveva fatto consegnare loro, riuscirono a passare e furono ammessi alla serata danzante come inviati dell'ambasciatrice. Nessuno di loro aveva dovuto quindi lasciare armi ed equipaggiamento a casa, ma scatenare una rissa non era nelle loro intenzioni.
Entrati nella lussuosa sala da ballo, notarono immediatamente che l'alta società di Fluvia era composta solo in parte da esseri umani o dalle più comuni razze senzienti. Un beholder di media stazza fluttuava in un angolo ombroso sorseggiando del ponch. Un illithid discuteva di affari con alcuni nobili spocchiosi vicino alla scalinata di marmo. Molte ragazze giovani e meno giovani, vestite con elegantissimi vestiti, volteggiavano al centro della sala da ballo accompagnate dai rispettivi cavalieri. Della musica aleggiava nell'aria, anche se non era possibile scorgere chi la stesse suonando.
Gli avventurieri immediatamente individuarono Monsignor Diovidis su una balconata al piano superiore. Stava discutendo proprio con Teg Maine. Il ladro aveva di nuovo entrambe le mani. Una magia curativa lanciata al momento giusto? Attesero con pazienza che la conversazione ebbe termine, e nel frattempo si intrattennero parlando con qualcuno degli altri ospiti. Non appena l'occasione fu propizia, si avvicinarono a Teg Maine per provocarlo e ottenere magari qualche informazione. Il ladro sembrava stranamente calmo e pacato, come se non serbasse nessun rancore nei loro confronti.
"Gli affari vanno bene. - Disse loro. - Monsignor Diovidis si ritiene soddisfatto del suo recente acquisto e ha pagato puntualmente alla consegna. Adesso scusatemi, vado a fumare un sigaro nel giardino."
Soprattutto Lucian, Kimar e Gordianus sembravano interessati a fargli perdere le staffe, e continuarono a punzecchiarlo con le tipiche battutine sagaci da occasione finché Teg Maine non fu sulla soglia della sala. "Se avete qualcosa da discutere, vi aspetto fuori." E si allontanò nella notte. Nessuno lo seguì, nonostante la tentazione di dargli una lezione fosse forte. Cercarono invece di parlare con Diovidis, che però era circondato di dame intente a catturare la sua attenzione e non sembrava propenso a discutere di nuovo di affari.
"Non so di cosa parliate, mi spiace." Rispose con l'intenzione di liquidare i suoi interlocutori. Quindi tornò a ciarlare con le nobildonne presenti in sala. Gli avventurieri invece, decisero di abbandonare la festa.

A quanto pareva, per recuperare i cristalli di Armadale ci sarebbe stato bisogno di rubarli. Diovidis non era disposto ad ammettere nemmeno di averli acquistati. Decisero di andare a dormire, l'indomani mattina avrebbero usato un teletrasporto per tornare a Colle Ukron e terminare il lavoro lasciato a metà. D'altro canto, Gordianus e Ivan avevano bisogno di armi e armature decenti, e Krison non aveva più il suo prezioso gimorio.

settembre 05, 2007

7.04 - La città del potere

Fluvia era una città sorprendente, che faceva sembrare Keremish l'antico borgo costruito da una qualche civiltà antica ormai estinta. L'oligocrazia di maghi a capo di Fluvia non aveva mai perso occasione per abbellire la città con edifici che sfidavano in ogni modo la forza di gravità e le leggi della fisica. La città sorgeva su un promontorio roccioso che si ergeva nel mezzo della foce doppia del fiume Ilor. Il fiume si gettava a mare da un'altezza di circa duecento metri, dividendosi in due poco prima di raggiungere il limitare della scogliera rocciosa dalla quale lasciava cadere l'enorme carico delle sue acque. Fluvia quindi era circondata per tre lati dalle acque del fiume Ilor, e per il quarto dal precipizio che scendeva a picco sull'oceano. Arrivando dal mare, si scorgevano le torri della città sollvarsi sulla parete rocciosa, e ai lati degli imponenti edifici scendevano fragorose le due cascate gemelle con la quali l'Ilor si tuffava tra le onde. Due lunghissimi ponti collegavano la città di Fluvia alla terra ferma, sorvolando il ramo del fiume Ilor a destra e a sinistra. Al termine dei ponti, degli imponenti portali sorvegliati perennemente da una legione di guardie cittadine impedivano a chiunque non fosse autorizzato di accedere alla città. Era così che, sulle sponde del fiume Ilor, a partire dai lati della strada che conduceva ai portali, si allargava una enorme baraccopoli di capanne e tende, nelle quali si erano stabilite tutte quelle persone che da mesi cercavano di entrare in città ma alle quali i maghi, per un motivo o per l'altro, avevano negato l'accesso. Molte delle persone in queste baraccopoli, dopo anni di attesa, avevano smesso di sperare. Vivevano di tutto ciò che il fiume Ilor offriva loro, nonché della carità donata con compassione e pietà dai ricchi abitanti di Fluvia.

L'accesso alla città, per le navi volanti, era il porto sotterraneo scavato nella scogliera al di sotto della superficie della città, tra le due cascate gemelle. Una nave volante affiancò immediatamente la scialuppa degli avventurieri intimandoli a non cambiare rotta e ad attraccare al molo che stava per essere assegnato loro.
Dopo aver passato qualche ora presso l'ufficio di controllo del porto, Krison decise di far valere il suo nome e rivelò di essere un discendente della famiglia Windsailor, una facoltosa stirpe di mercanti che risiedeva a Fluvia da generazioni. Benché Krison fosse stato trasformato in Elan, il nome da solo bastò ad ottenere dei permessi di soggiorno temporanei.
Riportarono in vita Gordianus, spendeno gran parte dei loro risparmi. Mara li aiutò a cercare informazioni riguardo Teg Maine, e dopo qualche ora vennero a sapere di una festa alla quale il braccio destro delle Mantidi Notturne era stato invitato... Una specie di serata danzante organizzata da un ricco mercante locale, Monsignor Diovidis.
Vagando per la città, incontrarono anche Akramil, che sembrava essere una personalità piuttosto popolare da quelle parti. Con grande stupore di tutti.
Sfruttando le conoscenze e la buona nomea del drow, ottennero di incontrare Lady Rassinel, l'ambasciatrice di Wallace a Fluvia presso l'acquario sospeso della città.
L'ambasciatrice si dimostrò molto ben disposta nei confronti degli avventurieri (cosa che non era stata nel caso del Consiglio dei Maghi che amministrava Fluvia). A quanto pareva, la situazione di Keremish era ben nota anche presso la capitale. A Wallace, la chiesa di Sinth aveva fatto pressioni presso il consiglio cittadino affinché fossero presi provvedimenti al più presto. L'esecuzione della Gran Sacerdotessa Bree e la chiusura della cattedrale erano atti che la chiesa centrale di Sinth non era disposta a tollerare, e l'influenza della chiesa presso il consiglio cittadino di Wallace era potente. L'ultima volta che aveva ricevuto notizie da Wallace, sembrava che la città stesse organizzando un esercito pronto a marciare verso sud, per assediare Keremish e costringere i poteri locali ad arrendersi.
"A quanto pare a capo della città c'è una donna dal carisma ineguagliabile, una certa Kalfyra." Rivelarono gli avventurieri.
"Kalfyra? - Sgranò gli occhi l'ambasciatrice. - Era da tempo che non sentivamo più parlare di lei..."
"La conoscete?" Domandò Lucian.
"Kalfyra è un antichissimo Drago del Sangue, che per secoli terrorizzò i paesi ed i villaggi all'ombra delle creste azzurre, ad este di Wallace. L'esercito di Wallace per anni combatté contro Kalfyra, finché un giorno... il drago scomparve nel nulla. Pensavamo di essercene liberati. E invece, a quanto pare, il suo nome emerge nuovamente. Stavolta addirittura a capo di una cospirazione di proporzioni preoccupanti. Mi chiedo con chi sia scesa a patti, e cosa le abbiano promesso."
Gi avventurieri erano stupiti. Avevano affrontato un drago del sangue che non era un vero drago del sangue, ed erano stati sconfitti. Ora c'era un vero drago del sangue al vertice della dittatura che stava consumando la città. L'intreccio di poteri oscuri dietro a tutta questa faccenda si faceva sempre più intricato. Anche se era chiaro che Melpheron era l'entità che alimentava il terrore che si era impossessato di Keremish, sembrava che la situazione fosse troppo grande per essere risolta da un singolo pugno di eroi. Eppure, è proprio quando il proprio avversario è così sicuro di vincere, che compie spesso un passo falso.
L'ambasciatrice fornì loro dei lasciapassare per la festa di quella sera.
"Ci saranno così tanti invitati che per voi sarà facile passare inosservati... a condizione che non vi presentiate vestiti in quel modo." Fece notare Lady Rassinel, indicando le armature sporche di sangue e di salsedine che gli avventurieri ancora portavano indosso.

settembre 04, 2007

7.03 - Inseguimento sopra gli oceani

Kimar si tuffò in acqua. Un guardinal della sua specie, in acqua, è fuori dal suo contesto. Kimar aveva piume che gli coprivano il corpo e le braccia, aveva ossa cave che gli permettevano di librarsi in volo, aveva poderosi muscoli sui quali contare quando era necessario sollevarsi in cielo. Ma nessuna delle sue caratteristiche speciali gli era utile in acqua.
Trattenne il respiro e si spinse in profondità nuotando al massimo della sua possibilità. La Mastro Xillian, rovesciata e semidistrutta dall'impatto con il mare, stava affondando. Da qualche parte, lì dentro, c'era Mara. Kimar sapeva che Teg Maine aveva usato Mara per costringere i suoi compagni a rimanere, tuttavia avrebbe rischiato di morire in mare con lei anziché abbandonarla al suo destino. E mentre i suoi amici, in superficie, si allontanavano inseguiti dalle Mantidi Notturne, lui raggiunse il fianco della nave ed iniziò a scorrerlo in cerca di un'apertura. Teg Maine aveva parlato della cabina del capitano, ma poteva anche essere una trappola. Raggiunse con le dita una porta, e grazie a Sinth era aperta. All'interno della cabina fogli e mappe galleggiavano nell'acqua torbida. Gli occhi di Kimar si sforzarono di cercare il corpo di Mara, e intravidero una cassa, della grandezza giusta per contenere un corpo, ammucchiata sul fondo della cabina. L'avoral si spinse fin lì ed iniziò a sollevare ogni cosa che le era caduta addosso. Raggiunse il lucchetto, grosse catene metalliche la avvolgevano. Ma la cassa era di legno. Kimar sfoderò gli artigli ed iniziò a colpire la cassa cercando di spaccarla. Ogni sforzo gli costava aria, ad ogni colpo i suoi polmoni richiedevano di aprirsi. Le assi del baule borchiato si spaccarono e Mara, dall'interno, spinse per aiutare Kimar ad aprire un varco abbastanza grande da permettere alla mezzelfa di uscire. Mara era legata, ma con un colpo di artigli Kimar la liberò dalle corde. Non sapeva da quanto tempo la ragazza stesse trattenendo il respiro, ma era chiaro che entrambi si trovavano allo stremo delle forze. Uscirono dalla cabina il più velocemente possibile, nuotando verso la luce che filtrava dall'alto nelle acque. Il cielo si era allontanato parecchio, mentre il relitto scricchiolante si inabissava sempre di più dietro di loro.
Emersero.
Inalare di nuovo aria fu come nascere una seconda volta. Entrambi respirarono avidamente, come se non l'avessero mai fatto prima, e restarono immobili cullati dalle acque placide, con lo sguardo rivolto verso il cielo, per tanti lunghissimi minuti.

La scialuppa sorvolava le acque ad una velocità che definire tale era imbarazzante. Un cavallo al galoppo avrebbe superato queste imbarcazioni di emergenza senza troppa difficoltà. Tuttavia anche le Mantidi Notturne erano a bordo di scialuppe dello stesso tipo, che non riuscivano quindi né a raggiungere né a distanziarsi da quella sulla quale si trovavano gli avventurieri. Avevano lasciato Kimar a recuperare Mara, e ora si ritrovavano in fuga nel mare aperto, inseguiti da una mezza dozzina di barche levitanti colme di ladri armati di balestra, spronati da Teg Maine a raggiungerli e terminarli. A nulla serviva spingere il cristallo yolos al massimo della potenza. Una scialuppa di emergenza non era progettata per percorrere lunghe distanze. Lucian cercava di mantenere la rotta evitando il fuoco di dardi che proveniva dalle imbarcazioni dei suoi inseguitori. Krison era in fin di vita, con il corpo ormai sforacchiato da più di uno di quei proiettili. Ivan giaceva schiacciato a terra, mentre i colpi piovevano tutti intorno a lui... poteva sentirli conficcarsi nel legno della barca, e di tanto in tanto Lucian veniva trafitto. Il corpo di Gordianus dondolava senza vita appeso all'ancora dove Kimar lo aveva aveva agganciato.
"Recupera Gordianus!" Disse Lucian al guerriero. In effetti, avrebbe potuto staccarsi e precipitare in acqua in qualsiasi momento. Ivan si sollevò ed afferrò la corda dell'ancora, iniziando a tirarla a bordo. Il mezzodrago era pesante, e la fune bagnata strideva scorrendo sul bordo della barca. Nel frattempo, le Mantidi Notturne caricarono gli arpioni sulle loro balestre. Un paio di rampini si agganciarono alla scialuppa pilotata d Lucian, ma rapidamente il ranger li mozzò estraendo una delle sue spade e ruotandola dietro di lui.
"Forse ho un'idea!" Esclamò Krison sollevandosi dal fondo. Si appoggiò ad un lato della barca. "Se riesco a colpire il cristallo yolos di una delle loro scialuppe con un Dissolvi magia, forse posso disattivarlo per qualche secondo e far perdere quota alla nave!"
L'arcanista si affacciò appena oltre il bordo dell'imbarcazione e recitando le formule magiche scagliò la sua magia. Il primo colpo non ebbe effetto, ma al secondo tentativo una delle scialuppe perse il controllo. Mentre le Mantidi Notturne si gettavano in mare cercando di non finire uccise dall'impatto con l'acqua sottostante, Teg Maine si sollevò in aria con un balzo quasi soprannaturale e atterrò in perfetto equilibrio su un'altra imbarcazione. Ivan aveva appena caricato a bordo l'ingombrante cadavere di Gordianus, quando una pioggia di dardi investì la loro barca volante costringendo sia Krison che Lucian a gettarsi a terra. "E' una situazione di stallo! - Fece notare Lucian - Non possiamo seminarli. Dobbiamo reagire!" Krison si avvicinò al cristallo yolos. "Credo di poterlo controllare facilmente. - Affermò - Reggetevi forte, proverò una manovra piuttosto pericolosa."
Tutti si aggrapparono ai bordi e agli appigli più vicini. Ivan strinse il corpo di Gordianus. Su comando di Krison, la scialuppa scivolò lateralmente fino a disporsi esattamente davanti a quella dove al momento si trovava Teg Maine. Poi si sollevò di una frazione di metro, in modo che la loro poppa si trovasse appena più in alto della prua della barca inseguitrice.
Di colpo Krison arrestò il cristallo e invertì la direzione.
Il pilota della scialuppa vide l'imbarcazione che stavano inseguendo avvicinarsi a piena velocità. Prima che potesse comandare al cristallo yolos di cambiare rotta, si ritrovò la faccia sfracellata sul retro della scialuppa pilotata da Krison. I ladri che sedevano dietro di lui furono praticamente decapitati dal passaggio della barca, e solo un paio riuscirono a salvarsi gettandosi in mare. Ma Teg Maine non era così facile da sorprendere: con un balzo all'indietro atterrò all'estremità più lontana della sua navicella e con un successivo balzo si aggrappò al retro di quella degli avventurieri. Purtroppo per lui, Lucian aveva previsto questa mossa. Affacciandosi a poppa, il ranger estrasse una spada e mozzò di nettò la mano di Teg Maine all'altezza del polso. La Mantide Notturna precipitò in acqua urlando di dolore, e le altre scialuppe si precipitarono verso il basso per prestare soccorso al loro capo. Gli avventurieri non aspettavano altra occasione, a tutta velocità si allontanarono sperando che nessuno li avrebbe inseguiti. E così fu.

Mara e Kimar videro la nave dei loro compagni comparire all'orizzonte dopo pochi minuti. La ladra e l'avoral furono caricati a bordo, dopodiché si decise di raggiungere Fluvia, dove probabilmente Teg Maine stava cercando di piazzare i cristalli di Armadale. Se il ladro era ancora vivo, probabilmente avrebbe cercato aiuto lì, e non sarebbe bastata la perdita di una mano a dissuaderlo dal portare a termine la sua missione primaria.