maggio 28, 2007

5.10 - Il Reliquiario

Uno sciame di artigli si abbatté su Ivan, che sfidando la creatura si era spinto a fronteggiarla corpo a corpo. L'Odopi si sollevava su una decina di braccia rossastre, nodose e muscolose come rami di ulivo scortecciati. Il resto del corpo era composto da svariate altre decine di braccia, ognuna munita di artigli e recante un bulbo oculare sporgente al centro del palmo. Le artigliate colpivano l'armatura di Ivan lasciando graffi sull'acciaio e sprigionando scintille.
Quella stanza, un giardino probabilmente creato per la meditazione, era rimasta chiusa da secoli. Lucian aveva esaminato le tracce e non poteva essersi sbagliato. Come aveva fatto l'Odopi a saltare dalla stanza dove aveva assalito quel gruppo di avventurieri al corridoio adiacente a questo giardino? Krisonna colpì il mostro con dei dardi incantati, ma l'essere, seppur ferito, non lasciò andare la sua preda. La avvolse tra le braccia, coprendola con una moltitudine di letali abbracci, e la spinse venso l'interno, verso il suo stomaco cavo, al centro di tutte quelle braccia. Il guerriero non riuscì a liberarsi, in pochi secondi scomparve all'interno dell'aberrazione.
"Sarà digerito se non lo liberiamo!" Dedussero i suoi compagni. Ma era troppo tardi per tirarlo fuori con la magia. Lucian e Gordianus fiancheggiarono l'Odopi da lati opposti colpendolo con forza e con velocità. Anche Arose, che si trovava al fianco di Ivan quando era stato ingoiato, continuò a sferrare mazzate contro quell'essere spaventoso. Le ossa della creatura sembravano rompersi, la sua carne sembrava lacerarsi. L'essere sanguinava, era ferito, poteva essere sconfitto. Un ultimo turbinìo di lame di Lucian inflisse all'essere il fendente letale. L'enorme ammasso di braccia si sollevò emettendo uno scricchiolìo sinistro, poi un arto dopo l'altro cedettero crollando sotto il loro stesso peso. La carne si aprì sfilacciandosi e liberando Ivan, il cui corpo era stato a contatto con gli acidi e le contrazioni dello stomaco dell'Odopi.

L'atmosfera selvaggia di quella stanza, invasa dalla vegetazione e illuminata da quattro pietre luminose che imitavano pallidamente la luce solare, era nel contempo innaturale e soprannaturale, ma comunque rilassante. Dell'acqua scorreva da una fontana scivolando nel terriccio che copriva il pavimento, nel quale affondavano le radici di edere e cespugli floreali. Non si fermarono tuttavia a contemplare i fiori (nonostante Lucian dimostrò di saperli riconoscere). Proseguirono oltre, scoprendo che lì a pochi passi si trovava il reliquiario del complesso
Arose sgranò gli occhi e si precipitò nella stanza.
C'erano scaffali colmi di oggetti che correvano lungo le pareti e si sollevavano alti fino al soffitto. Libri e materiale cartaceo erano ormai rovinati, ma ancora moltissimi oggetti si erano conservati intatti sotto la polvere e le ragnatele.
"E' fantastico! - Esclamò Arose - Questo è molto di più di quanto ci aspettassimo di trovare!"
Ma Krisonna aveva già lanciato un'individuazione del magico e tra quelle chincaglierie c'era ben poco di utile.
"Non si tratta di valore economico, - le disse la chierica - ma di valore religioso! Queste coppe ad esempio... sono i calici di Yokur, erano perduti da tempo. E questi cristalli, pur non valendo molto, erano antichi strumenti cerimoniali... testimoniano un culto di Sinth antico almeno duecento anni. Avrei bisogno di molto tempo per catalogare tutto..."
"Ma noi non perderemo tempo qui." Ribatté la maga.
"Perché no? - le rispose indietro Arose - Possiamo riposare qui. Io finisco di esaminare ogni cosa e voi vi riposate. Dopo quello scontro ne avrete bisogno."
Krisonna esaminava un guanto. Scoprì che si trattava di un guanto della conservazione, e che infilandolo ed aprendo il palmo attirò tra le sue dita una piuma magica. Arose identifico anche questi due oggetti come importantissimi, e continuò ad analizzare ed annotare ogni cosa sul suo blocco, finché non la convinsero che potevano tornare più tardi.
Sbuffando, Arose lì seguì fuori dal reliquiario.

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